Per un certo periodo l’Oratorio di San Protaso al Lorenteggio non è stato utilizzato come luogo di culto, bensì come deposito delle armi dall’esercito di Napoleone che, insediatosi con le sue truppe nei pressi della cascina-monastero, l’espropriò, cacciando i monaci Olivetani che nel frattempo erano subentrati ai Benedettini.
Il piccolo oratorio non ha rischiato la demolizione, come all’epoca del Barbarossa, ma di saltare per aria con la polvere da sparo.
Partite le truppe napoleoniche la cascina-monastero fu acquistata da privati e il piccolo oratorio, ormai dismesso come luogo di preghiera, fu adibito a fienile e deposito di attrezzi, e divenne il “covo dei Carbonari”.
Pare infatti che Federico Confalonieri, intorno al 1820, utilizzasse questo luogo per radunarsi a cospirare contri gli Austriaci, raggiungendo il piccolo oratorio attraverso un passaggio segreto che lo collegava alla Basilia di San Vittore o alla Pusterla di Sant’Ambrogio, e che partiva dalla zona absidale.
Una leggenda racconta che, in seguito a questo improprio utilizzo, alcuni contadini, volendolo usare come abitazione, avessero dato una mano di calce sulle pareti, compresa la zona absidale, dove campeggiava un affresco della Madonna, attorniata da Santi.
Dopo la prima mano di calce, però, riemerse l’immagine della Vergine; una seconda passata, e l’affresco con la Madonna era ancora completamente visibile, così come dopo la terza.
I contadini l’interpretarono come segno divino; si riprese ad usare la chiesetta come luogo di culto, fino alla fine degli anni ’30, quando nel quartiere sorse la chiesa parrocchiale di San Vito al Giambellino.
Durante l’ultima grande guerra, sempre grazie al cunicolo che la collegava con il centro città, divenne nascondiglio dei partigiani.
Il cunicolo è stato chiuso definitivamente negli anni ’60: non sappiano esattamente dove conducesse e che dimensioni avesse. Attendiamo gli scavi della Metropolitana che potrebbero intercettarlo.